sabato 18 aprile 2015

La Storia Dei Movimenti Ultras Nel Calcio Italiano - Parte 4

(immagine presa a credito da www.sportpeople.net)


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Nel febbraio del 1984, la gara di Coppa Italia tra Triestina e Udinese vide gravi scontri con la polizia; un giovane sostenitore triestino, Stefan Furlan, finì in coma picchiato con i manganelli dalla polizia, e morì il giorno seguente. Otto mesi più tardi, alla fine della partita Milan - Cremonese, Marco Fonghessi fu accoltellato a morte. L'assassino, Giovanni Centrone, era appena maggiorenne.

D'altra parte, a partire dall'inizio degli anni Ottanta, il legame tra ultras e politica cominciò ad indebolirsi. La reazione culturale privata che pervase i ranghi più giovani iniziò a mostrarsi anche negli stadi. Le amicizie tra sostenitori di inclinazione politicamente opposta (Fiorentina-Verona), fu un'ulteriore testimonianza di come le alleanze tra ultras erano ormai assolutamente indipendenti da qualsiasi fattore politico.

Questo periodo vide invece un costante aumento dell'uso di droghe nelle curve. Mentre i tossicodipendenti abituali, frequenti negli anni Settanta, scomparvero grazie a perquisizioni sempre più rigide, il numero di fumatori di cannabis si moltiplicarono in modo esponenziale.

Anche il simbolismo della ultras subì una radicale trasformazione e le immagini di foglie di marijuana fecero la loro comparsa su decine di striscioni. Quando si formò a Cosenza il Nuclei Sconvolti, il loro nome fu talmente un successo immediato che molti altri gruppi lo adottarono.

Così, a metà degli anni Ottanta il movimento ultras italiano era davvero sulla cresta dell'onda. I gruppi avevano tutti una moltitudine di seguaci (ad esempio, per la stagione 1987-1988 la Fossa dei Leoni del Milan era formata da circa 15.000 seguaci), con una struttura gerarchica ben definita. Alcuni gruppi, come il Commando Ultra Curva B del Napoli, aveva anche una struttura altamente evoluta di gestione (membri depositati in una banca dati, un house organ di gruppo, TV, ecc ...).

Negli anni Novanta il mondo ultras fu sopraffatto da profondi mutamenti e iniziò a sviluppare una crisi di identità. Molti dei valori fondamentali sui quali si era basato l'essere ultra in passato, iniziarono a farsi sentire in modo diverso, e molto meno dalle generazioni in arrivo, probabilmente perché l'essere ultra era diventato solo una moda.

Ma c'era un altro lato della medaglia, quella di un movimento ultras che, anche se ancora incapace di raggiungere l'unità di intenti totale a causa di certi odi inviolabili, divenne consapevole della necessità di reagire per sopravvivere.

Dopo trenta anni di storia, gli ultras erano diventati una parte integrante del sistema calcio, insostituibile e influente, e un fattore determinante anche nella strategia del club.

La seconda metà degli anni Novanta fu fatalmente segnata dall'uccisione del sostenitore del Genoa Vincenzo Spagnolo nel gennaio 1995. Questo devastante episodio minacciò l'esistenza stessa del movimento ultras, già in profonda crisi dovuta al cambio generazionale, alla divisione del curve in tante piccole "fette", cosa resa più evidente dal disordine portato gli stadi dai cosiddetti "cani sciolti" o sostenitori sparsi, ed a causa di una crisi di identità che è stata aggravata dallo scioglimento di alcuni gruppi di ultras che fino ad allora erano stati un punto di riferimento per molti sostenitori, lasciando loro un senso di perdita e di disorientamento.

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